La carta di Regola

La forte coesione sociale che caratterizzava la popolazione della Vallarsa, esprime già nel 1580 una prima forma di regolamentazione che consta di otto capitoli. Nel primo si determina con estrema chiarezza l’animo del servizio: “l’officio” doveva essere svolto fedelmente e solo per il pubblico bene in un clima di partecipazione e di sorprendente democraticità.

“…che il Sindico, Giurati, et Massaro, et Cavalieri di Comune quando saranno eletti, et confirmati dalla Regola nel ingresso del loro officio sabbino a giurare inanti del notaro del Comune che scriveva il sindicato d’essercitare l’officio suo fidelmente senza fraude, et procurare l’utile del bene pub.co et d’anno in anno habbi da essere revocato, et confirmato dalla Regola secondo li suoi deportamenti, et secondo che parerà alla Regola”.

La regolamentazione successiva, che è del 1605 integra la precedente mantenendone però intatto Io spirito. Ma le due Carte di Regola vengono più ampiamente presentate su “Studi Trentini di Scienze Storiche 1966” a cura di Giuseppe Costisella.
“La Comunità di Vallarsa, della quale si riporta più avanti per intero il Regolamento del 1605, riuniva, allora come adesso, poco meno di 40 ville e casali sparsi sui ripidi pendii del profondo solco vallivo del Leno a una altitudine variabile che va dai 400 ai 1000 metri sul mare. L ‘area complessiva del suo territorio era di circa 7800 ettari così divisi:

ettari 5.330 Bosco in prevalenza bene comune
860 Pascoli di alta montagna pure possesso comune
860 Improduttivo
350 Arativi
310 Prati
90 Vigneti e orti

Da questi dati si rileva l’importanza che aveva il patrimonio boschivo nel bilancio della Comunità e l’interesse di ciascun membro alla vita amministrativa. Il vantaggio individuale che deriva dalle rendite dei boschi costituiva, non v’è dubbio, il maggior fattore di coesione fra le ville.
La popolazione, se è esatto il numero dei Capifamiglia dichiarati presenti nei verbali delle regole, esigua all’inizio del 1500 (40 fuochi), si accrebbe rapidamente tanto che un secolo dopo era di circa 170 fuochi, pari a un migliaio di persone.
Il Comune aveva già un Regolamento sanzionato l’11 luglio 1580 dal Podestà Giacomo Zuppino (rog. not. Giuseppe Porta). Forse fino allora, senza scostarsi dalle norme generali dettate dallo statuto roveretano, esso si era governato secondo la tradizione. Probabilmente con la Carta di Regole del 1580 si era inteso, oltre che eliminare le incertezze della tradizione, di fissare le pene con le quali si dovevano punire coloro che danneggiavano i beni sia pubblici che privati, divenendo con la carta tali pene obbligatorie. Per il resto la Carta, con i suoi 18 capitoli sfiorava appena la complessa materia dell’amministrazione del vasto comune. Un massaro e quattro giurati eletti ogni anno avrebbero dovuto difendere i diritti. Essi potevano farsi assistere nella trattazione degli affari da 16 uomini da loro scelti, ma le loro delibere dovevano venir confermate da una pubblica regola. Era compito del massaro e dei giurati eleggere quattro saltari per la custodia dei boschi e dei prati e di fissare il prezzo della vendita al minuto del pane e del vino. Il massaro inoltre aveva la facoltà di ordinare le prestazioni personali per accomodare le strade.
L’insufficienza del vecchio regolamento stava nella sua eccessiva concisione, mentre alcune norme consuetudinarie non vi erano nemmeno accennate.
Gli amministratori in carica nell’anno 1605, decisero di affidare al nob. Gio Batta del Ben, rinomato giure consulto roveretano, la stesura di un nuovo regolamento del tutto adeguato ai nuovi tempi, Il del Ben, nel rimettere il frutto delle sue fatiche, dopo aver esortato gli uomini del comune a farlo approvare in una pubblica regola, suggeriva di “eleggere uomini dabbene e sufficienti, lasciando fuori coloro i quali per il passato non amministrando giustamente si erano infarinate le mani con i danari del pubblico bene”.
Il regolamento che venne approvato nella regola del 16 ottobre 1605 e sanzionato dal Podestà Giulio Maggi il 5 dicembre 1605 (rog. not. Gaspare Paganini), dà a vedere nella sua completezza come era concepita ed attuata l’amministrazione anche nelle altre comunità della giurisdizione di Rovereto. Esso prevedeva che l’assemblea di tutti i capifamiglia doveva eleggere ogni anno 16 consiglieri, con facoltà di deliberare gli affari correnti senza dover sottostare ad ulteriore delibera da parte della regola. Altra innovazione, suggerita dall’importanza assunta dalle pratiche amministrative, la nomina – sempre da parte delle regole – di un sindico, funzionario retribuito, per il disbrigo degli affari del comune. Le disposizioni relative alla conservazione del documento di acquisto, vendita e locazione di beni comunitari e la loro pubblicità, era una norma osservata da sempre.
La documentazione di archivio che ancor oggi esiste presso il comune risale aI 1400 non solo, ma neI 1605 la finitima comunità di Valle dei Signori poté ottenere dal ricco archivio di Vallarsa, un documento essenziale per la salvaguardia dei suoi diritti nei confronti di Verona, di cui essa, la diretta interessata, non ne aveva copia.
Dalla nuova carta di regola risulta poi che il massaro al termine del suo incarico era tenuto a ripartire gli avanzi di gestione fra famiglie che partecipavano alla comunità, con la saggia limitazione che con il consenso degli interessati, questo avanzo potevasi destinare all’acquisto di stabili ad incremento dei beni comuni. La ripartizione degli avanzi di gestione, già effettuata negli anni precedenti, continuò anche negli anni successivi”.
Forse a questo punto, risulta di particolare interesse rileggere l’art. 9 del regolamento e vederne l’applicazione effettuata ancora nell’anno 1905: nel documento si evidenziano i quattro quartieri in cui veniva divisa la valle nonché il nome di tutti i capifamiglia.
Art. 9: “Che il Massaro sia obbligato a scotere le entrate del Comune e quelle (detratte le spese necessarie al loro Comune con forme alla graziosa sentenza del Ser.mo nr.o Principe) dispensato per fuoco secondo l’antica usanza osservata nel comune di Vallarsa ma però con questa riserva, che se per caso gli si presentasse qualche occasione di fare qualche acquisto in beneficio del loro Comune che possano in tal caso col consenso della loro Regola investire tal denaro in beneficio del Comune”.