I lavori di fortificazione

Verso il 1911-1912 le emigrazioni stagionali cessarono in quanto si ebbero numerose occasioni di lavoro in Valle a causa della costruzione di imponenti opere aventi, prevalentemente, ma non solo, carattere militare. Così prima che iniziasse la guerra, nel 1911, mio fratello ed altri andavano a fare caserme in “Costabela” e sul “Baffelan” mentre altra gente lavorava alla costruzione dell’acquedotto delle Sette Fontane. In quel tempo erano incominciati anche i lavori al “Cason” (l’attuale Centro Scolastico) di Raossi e tutte le famiglie hanno contribuito fornendo giornate lavorative. C’era lavoro per tutti, non occorreva andare “sui laisimpon”. Oltre alle caserme si costruivano altre fortificazioni a Pozzacchio e a Matassone e la gente incominciava a sospettare qualche cosa (Oliva Martini).

Ancora nel 1912 si lavorava sulla strada da Pozzacchio al forte: costruivamo le gallerie. Eravamo in molti, quasi tutti di Vallarsa. Eravamo tutti alle dipendenze dell’impresa Zontini di Mori; ma chi comandava era un tenente tedesco. Ogni capo aveva venti-trenta uomini. Il “marcatempo” segnava le ore. Contemporaneamente lavoravano anche sul forte di Matassone. Per comunicare fra il forte di Matassone e quello di Pozzacchio, fra sergente e primo tenente, usavano l’alfabeto Morse fatto con la bandiera. Altri lavori furono fatti nelle Pozze; al posto dell’attuale rifugio Lancia c’era una caserma e poco lontano le vasche per l’acqua tuttora esistenti. Pure in Cosmaion costruirono una caserma e una vasca, nella Val di Fieno un fortino e sulla malga Siebe una casermetta. In località Brentegan costruivano “stoi” (Albino Aste).

Nella costruzione di fortificazioni venivano occupate anche donne: quando nel 1914 è scoppiata la guerra, già da due-tre anni lavoravano sul forte di Pozzacchio per fare le fortificazioni. Io lavoravo là con altre donne e ragazze di Valmorbia e di altri paesi della Valle. Si trasportava sassi facendo passamano e sacchetti di sabbia. Un soldato con il badile riempiva il sacchetto che tenevamo aperto con le mani e poi una dietro l’altra lo portavamo giù nelle gallerie del forte; una con una lanterna in mano ci faceva luce giù nelle gallerie. Lassù c’era anche il comando e per un periodo c’è stata anche la famiglia di un comandante o ingegnere, non ricordo bene. Alle volte mi mandavano a fare le pulizie al comando e una volta, mi ricordo, trovai dei soldi e un portamonete per terra, cose che io misi sul tavolo. Poi mi chiesero dove avevo trovato quelle cose e ho capito che avevano voluto mettere a prova la mia onestà (Maria Martini).

Un avvenimento che destò vasta eco, in quegli anni, fu la visita dei principi d’Asburgo a Valmorbia giunsero su una carrozza. Io Ida ragazzina di nove anni, ebbi l’onore di porgere loro un mazzo di fiori ed ebbi in dono una moneta da due corone (Ida Martini). La popolazione accolse i visitatori con entusiasmo a Parrocchia, fu fatto un arco con rami e sopra c’era scritto: “Parrocchia: ultima per confine prima per fedeltà” (Oliva Martini).